Il bianco, fermentato in barrique, Villa di Chiesa 2017, mette in primo piano profumi di frutta esotica e banana, per poi passare su toni burrosi, tostati e speziati. La bocca è tendenzialmente morbida e sapida allo stesso tempo, di buona persistenza, vanigliata e insieme agrumata nel retrogusto, in perfetto sincrono con la parte aromatica. La storia di Santadi racconta più di tante parole l’importanza di questa cantina nel percorso di crescita del vino sardo, peraltro ancora in divenire. Una storia che nasce ormai sessanta anni fa (era il 1960), dallo slancio di un gruppo di vignaioli pionieri. I primi anni servirono a rodare una macchina complessa con produzione e vendita di solo vino sfuso, mentre le prime bottiglie arrivano sul mercato intorno agli anni Ottanta. Anni in cui in cantina era in atto uno scarto decisivo, visto che il presidente era già Antonello Pilloni (ancora in carica) e che il gruppo dirigente di allora chiamò un certo Giacomo Tachis. Questi gli albori, oggi la Cantina Santadi è un colosso, almeno per l'economia dell'isola dei Nuraghi, da quasi 1.800.000 bottiglie e oltre 600 ettari a vigneto. Certo la stella del firmamento Santadi resta il vino simbolo della cantina, il Terre Brune, ma anche il resto della gamma è cresciuto non solo in quantità ma anche in qualità, proiettando questa cantina sociale tra i marchi imprescindibili della Sardegna enoica e non solo.
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