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Il mondo del vino cambia colore

Sarà anche colpa della percezione delle mode enoiche, ma ciò che sta accadendo, almeno da un lustro, cioè una rivalutazione ampia con conseguente impennata del consumo dei bianchi, non sembra proprio essere una delle solite infatuazioni effimere del mondo del vino ma bensì un vero e proprio cambiamento di paradigma, una tendenza dirompente e, al di là di ogni possibile e ulteriore considerazione, implacabile. E nelle Marche, evidentemente, foriera di una forza propulsiva che ne può mutare l’impatto enoico, diciamo, a tutti i livelli. Qui, la consapevolezza che il Verdicchio, nelle sue due declinazioni di Jesi e di Matelica, abbia a portata di mano la sua occasione epocale è, naturalmente, ben chiara. Lo sanno bene coloro che stanno nella “stanza dei bottoni” dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, ma anche gli amministratori regionali, che, nel recente passato, hanno lavorato sinergicamente e bene. Lo sanno, e per primi, i produttori, come abbiamo raccontato nelle scorse monografie (2018-2019-2020-2021-2022). Ma è “tutto oro quello che luccica”? I vini bianchi, per dire, sono vini “difficili” da produrre bene e a volte la sola forza racchiusa nelle caratteristiche delle varietà o quella tramandata dall’esperienza del passato, non basta a farne prodotti competitivi. A questo si aggiunge il “problema dei problemi” quello climatico e qui ci fermiamo. E poi anche per il Verdicchio vale la sfida che interessa tutta la produzione a denominazione del Bel Paese: creare un binomio inscindibile tra vitigno e territorio, unica risposta efficace alla globalizzazione enologica imposta dalla straripante diffusione delle “noiose” varietà internazionali e volano altrettanto necessario per instaurare processi di valorizzazione. Insomma, c’è ancora molta carne al fuoco…

(fp)

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