Nelle Langhe, lo sappiamo, sono state scritte alcune delle pagine più importanti della storia d’Italia e del vino italiano. Camillo Benso Conte di Cavour fu proprietario del Castello di Grinzane Cavour, dove la “Vigna Gustava” produceva i primi Barolo, giocando un ruolo fondamentale nel successo del “re” dei vini. La Tenuta Fontanafredda, fondata dal primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II, ospitava i vigneti teatro dell’amore con Rosa Varcellana, “la bela Rosin”. Poi Luigi Einaudi, tra i padri della Repubblica Italiana, secondo Presidente della Repubblica nel 1948, non mancò mai alla vendemmia nei suoi Poderi di Dogliani. Intrecci fra storia e aneddotica che, evidentemente, determinano l’allure di un grande terroir enoico. Nell’altra faccia della medaglia, un successo che ha determinato anche una prevalenza di monocultura a vigneto, a scapito della biodiversità delle Langhe. Ed oggi, si aggiunge il clima con il suo surriscaldamento. Ecco allora l’idea del Consorzio del Barolo di autorizzare gli impianti dei vigneti sui versanti a nord. Ma il l’emergenza climatica non si contrasta inseguendolo per produrre come prima: la si contrasta anticipandola e cambiando modo di produrre. A nord sono rimasti gli ultimi boschi e altre coltivazioni diverse dalla vite, un patrimonio non ulteriormente sacrificabile. Tenuta Fontanafredda, oggi di proprietà di Oscar Farinetti, pianterà 150 piante, forestali e da frutta, consone al territorio langarolo, in accordo con un’antica tradizione sacrificata per la monocultura intensiva. Nascerà così “Bosco Vigna”, con il fine di favorire la biodiversità ma anche di costituire un microclima più favorevole alla vite, favorendo il ripristino di ecosistemi degradati e la fertilità dei suoli.
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