L’Amarone, lo sappiamo, ha già raggiunto un successo di vendita encomiabile, grazie alla particolare abilità commerciale delle sue genti, quei veneti eredi, in qualche misura, dell’istinto di Marco Polo. Ma, nel mondo del vino, oggi in una fase di profonda mutazione, la capacità di vendere non basta più a garantire un futuro il meno possibile imprevedibile. Si tratta di cambiare non solo lo stile dei vini - cosa che sta progressivamente accadendo anche in Valpolicella - ma soprattutto l’approccio al mondo del vino stesso. Il modello vincente del Nuovo Millennio, che lo ha caratterizzato e in parte lo sta ancora influenzando, e cioè andare per il mondo a soddisfare le richieste dei mercati con il solo obbiettivo di crescere nelle vendite, appare ormai insufficiente. L’Amarone del futuro dovrà cambiare faccia, trasformandosi in un vino edonistico e gastronomico, con il territorio assoluto protagonista. Gli ingredienti identitari già ci sono - un metodo tradizionale di produzione e varietà locali adatte alle condizioni di coltivazione - e sono già capaci di declinare stili e identità diverse in evoluzione. Anche il progetto di definizione delle valli va in questo senso. Questo cambio di passo sta cominciando a prendere forma - ovviamente con stili assai diversi - nei vini che abbiamo citato nel nostro report ad Amarone Opera Prima, quelli contenuti in questa monografia (e nelle edizioni del 2019-2020-2021-2022-2023-2024) e quelli di Allegrini, Valentina Cubi, Il Monte Caro, Santa Sofia, Guerrieri Rizzardi, Monte del Frà, Santi, Sartori, Masi, Montresor, Tinazzi, Monte Zovo, Masi, Rocca Sveva, il nuovo progetto di Marilisa Allegrini con Villa della Torre (e del Master of Wine Andrea Lonardi come consulente anche di San Polo a Montalcino e Poggio al Tesoro a Bolgheri), Dòmini Veneti, Villa Canestrari, Piccoli, Ca’ Rugate, Corte Sant’Alda, Terre di Leone, Benazzoli, Musella, Torre D’Orti, Cantina di Illasi e Albino Armani, con spazi nel settimanale “I Vini di WineNews”.
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