Intanto ci piace cominciare con un consiglio (non richiesto): una carta dei vini ben fatta si vede dalle piccole cose e tra queste c'è la divisione con sezioni dedicate alle diverse aree vitivinicole. Se fossimo alle prese con una definizione possibile dell'Alto Adige, sarebbe doveroso iniziare dal distinguerlo dai vini del Trentino, perché entrambi godono di peculiarità culturali e territoriali profondamente diverse. L’Alto Adige (noi lo chiamiamo così, anche se le bottiglie vengono “bollate” Südtirol...) è uno dei territori più affascinanti dell’Italia enoica, dal ventaglio di vini che davvero accontentano i palati più ingenui e quelli più esperti. Certo non è una scoperta: ormai la Regione è da anni sotto i riflettori, perché produce meravigliosi vini bianchi, così come bollicine intriganti e rossi originali e di grande fattura, che spaziano dalla schietta immediatezza della Schiava alla complessità del Pinot Nero (qui forse a trovare uno dei pochi luoghi in Italia, dove riesca ad esprimersi senza affanno). E sempre di più sono le zone ad emergere, un po’ seguendo una tendenza che potrebbe farsi moda; così come ampio è il carnet delle possibilità stilistiche e aziendali: dalle piccole cantine artigianali alle ammiraglie cooperative, che da queste parti raggiungono vette elevatissime e da molto tempo sono veri e propri modelli, che troppo spesso non vengono adeguatamente osservati dalle stesse cantine sociali del resto dello Stivale. Al di là delle differenze tuttavia, diventa inevitabile non parlare di uno stile “Alto Adige”, sviluppatosi in poco più di trenta anni e fatto di precisione tecnica, e cura maniacale dei dettagli. Se vi sembra poco.
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