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EDITORIALE

L’attualità del bolgherese

Bolgheri è un territorio del vino italiano da sempre laboratorio vinicolo (e non solo) a cielo aperto e motore del rinascimento del vino nazionale, culla di molti dei vini italiani più preziosi e più ricercati al mondo. A guidare il suo Consorzio di Tutela la triade tutta al femminile formata da Albiera Antinori (Guado al Tasso), presidente, Priscilla Incisa della Rocchetta (Tenuta San Guido) e Cinzia Merli (Le Macchiole) come vicepresidenti. Giusto un anno fa, invece, c’è stata la nomina del nuovo direttore del Consorzio Bolgheri e Bolgheri Sassicaia: Daniele Parri, proveniente dall’azienda Caiarossa di Riparbella, dove era export manager. Oggi, i soci che fanno parte del Consorzio sono 74 e rappresentano pressoché l’intero potenziale produttivo dei vini bolgheresi, che è ottenuto da 1.370 ettari di vitigno a denominazione. La produzione nell’annata 2024 (dati Aprovito) è stata di 6.417.572 bottiglie. Le ultime variazioni al disciplinare di produzione della Doc Bolgheri sono arrivate nel 2011 con l’inclusione della possibilità di produrre vini in purezza con le varietà principali (Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc), mentre nel 2013, verrebbe dire finalmente, è stato definito lo scorporo della sottozona Bolgheri Sassicaia, con la creazione di una omonima denominazione indipendente. Le varietà internazionali, come è noto, sono quelle utilizzate in larga prevalenza nei vini del bolgherese che, anche per questo, sono diventati tra i più apprezzati dalla critica e dal mercato, tra i più desiderati dai collezionisti e tra i fine wine più performanti, cercati e scambiati, per esempio, su Liv-ex.

(fp)

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