Più che un'etichetta, un'icona: i faraglioni dell'Isola di Capri stagliati al centro della bottiglia sono tra le immagini più famose al mondo. E dicono anche una cosa; che a Capri, come un po' in tutte le isole della Paese, si faceva - in molti casi si fa ancora - vino. Nella più nota delle isole partenopee la viticoltura si è persa definitivamente con il boom che ha avuto a partire dagli anni '60 del secolo scorso. Costruire case e ville per il jet set era di gran lunga più remunerativo che occuparsi dei terrazzamenti agricoli. Ogni tanto però spunta qualche vecchio proprietario che ancora si prende cura delle piante di Aglianico, Piedirosso e Falanghina, e di tanto in tanto c'è qualche produttore della terra ferma affascinato dall'idea di imbottigliare "Capri". È quello che ha fatto Beniamino Clemente, produttore di vino nel Beneventano con la Masseria Frattasi, che in contrada Migliara ad Anacapri ha trovato questo vigneto a pergola di Aglianico, Piedirosso e varietà minori come il Greco Nero e il Tintore. Il vino fermenta in botti di castagno per una ventina di giorni. L'affinamento invece è in barrique nuove. La bottiglia ha un bel costo, non c'è che dire, ma è comunque una rarità. Il vino poi è di un bel violaceo carico e sa di prugna e violetta, ha la giusta speziatura da legno, carnoso e persistente. In bocca il succo è denso ma non pesante; la chiosa mentolata espande il sorso.
(Francesca Ciancio)
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