
“I disciplinari dovrebbero far rispettare la tradizione, ma lasciare anche libertà tecnica. Talvolta sono poco ragionevoli e i produttori si lamentano: ma devono scegliere loro dove vogliono stare. L’eventuale ingresso dei Piwi, per esempio, è un tema delicato: se il vino di una certa denominazione viene realizzato con un vitigno diverso, il consumatore deve saperlo. Ma niente vieta che questi ibridi possano avere a loro volta un’indicazione specifica”. Così a WineNews, Vincenzo Gerbi, vicepresidente Accademia Italiana della Vite e del Vino e docente di Enologia all’Università di Torino.
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