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Storia della Barbera

Nella tradizione piemontese questo vino è sempre stato indicato al femminile: “la” Barbera e non “il” Barbera, che invece segna il vitigno. Per quanto si conosce dall’ampelografia, il vitigno è meno antico di altri coltivati da sempre in Piemonte (Moscato, Grignolino, Nebbiolo), ma la sua espansione è stata costante nel tempo, fino a diventare il più diffuso vitigno a bacca rossa della Regione. Le ragioni storiche della scelta di questa coltivazione da parte dei viticoltori sono ben note: si tratta infatti di un vitigno “rustico” con notevole capacità vegetativa, che offre un’elevata produzione ed è meno soggetto di altri alle mutevoli condizioni climatiche e agli attacchi dei parassiti della vite. Le prime notizie sulla coltivazione di uve “Barbera” risalgono al XVIII secolo, e provengono dalla zona di Montegrosso d'Asti, anche se è probabile che la varietà esistesse già da molto tempo ma non fosse conosciuta con questo nome. Da allora in poi, la sua diffusione interessò rapidamente quasi tutto il Piemonte. Sebbene molte zone tradizionali della Barbera, come il nord astigiano ed il casalese, abbiano perso ampie superfici vitate, a causa dell'abbandono delle campagne, la sua coltivazione resta un caposaldo del panorama enoico piemontese. Vino robusto e ricco di personalità, la Barbera per decenni ha rappresentato il classico vino “da pasto”. Ma grazie ad alcuni produttori storici che l'hanno diffusa, a partire dalla fine Ottocento, in bottiglia anziché sfusa - dimostrandone anche l’attitudine all'invecchiamento - oggi, nelle sue varie interpretazioni, è diventata a tutti gli effetti un vino “importante”, in grado di competere con tutti i grandi vini rossi piemontesi ed italiani.

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