La terra che oggi vede il proprio successo amplificarsi è una terra che non si identifica con quella che fu. Se i colli sono identici, lo scenario è mutato: alla geometria delle terrazze dai filari di aceri e viti si è sostituita quella dei vigneti piantati con tecniche moderne. Si può ancora riconoscere la dimora rustica di un mezzadro, ma chi vi visse non la riconoscerebbe: l’architetto ne ha rispettato le linee essenziali, la struttura antica però conta elementi estetici e strumenti tecnologici che ne fanno un bene privo di rapporti con ciò che quella casa fu per secoli. Salvo poche eccezioni, le grandi fattorie del Chianti sono state smembrate e abbandonate dai vecchi proprietari di lunghe dinastie e dai mezzadri, attirando nuovi possessori: società assicurative, multinazionali di bevande, magnati dell’industria e della finanza, professionisti, gente di spettacolo, mercanti d’arte, per lo più tedeschi o inglesi. L’attrazione verso il comprensorio iniziato negli anni ‘70, ha fatto del Chianti un luogo comparabile alle aree turistiche più di moda, dove il vino svolge un ruolo capitale. Impostosi, tra mille resistenze, nell’aristocrazia enologica europea, il Chianti Classico partecipa, col proprio blasone a nobilitare il territorio, traendo, a sua volta, i benefici del prodotto che meglio simboleggia, in un ricordo o in un dono: la terra oggetto di tanta considerazione, oggi con il suo sistema delle ville-fattoria candidato all’Unesco. Un fermento che registriamo nelle nostre monografie (2018-2019-2020-2021-2022) e che continua anche negli assaggi del 2023, offrendo una molteplicità di aziende che avrebbero meritato le pagine della nostra Newsletter come, solo per fare alcuni esempi, Arceno, Tenuta Casenuove, Carpineto, Arillo in Terrabianca, Vallepicciola, Terreno, Dievole, Querciabella, Folonari, Rocca di Castagnoli, Cecchi e che troverete presto, insieme ad altre, nei Vini di WineNews.
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