Lo abbiamo scritto altre volte di quanto la Sicilia abbia bisogno di definire le sue territorialità interne - sia nel bicchiere che sulla carta - e ancora l’obiettivo non è stato ancora pienamente raggiunto, se non per poche eccezioni, come ad esempio le Isole Minori, il Cerasuolo di Vittoria o l’Etna (a cui anche quest’estate dedicheremo una monografia a parte). La questione enologica richiede tempo: per i produttori di conoscere i propri vigneti, di confrontarsi con i colleghi e di sperimentarne gli sviluppi in cantina, con un climate change che non aiuta; la parte burocratica ne richiede altrettanto: tempo di creare tavoli di concertazione nei consorzi e con le istituzioni, per creare fascicoli sostanziali, capaci di mettere ordine nei disciplinari. Entrambi i fronti sono aperti, i lavori procedono ma anche i vini cambiano e lentamente si definiscono. Le aziende che meriterebbero menzione aumentano - a differenze dei posti in monografia che, come nel 2021 e 2022, restano sempre limitati - e quindi citiamo qui (e nei prossimi numeri dei Vini di WineNews) Zisola, Caruso e Minini, Fondo Antico, Cantina Chitarra, Feudo del Pisciotto, Casa Grazia, Assuli, Feudo Montoni, Feudo Disisa, Giasira, Torre Mora, Colosi e, infine, Centopassi, lodevole progetto di recupero di Libera Terra dei vigneti confiscati alla mafia. Ciò detto vogliamo però citare un dato importante, riportato da Assovini Sicilia, fondata nel 1998 da Diego Planeta, Giacomo Rallo e Lucio Tasca d’Almerita: fra i 100 soci aderenti sono oltre il 58% quelli che contano almeno un/a under 35 in ruoli gestionali e quasi il 60% quelli che hanno a capo una donna (contro 1/3 della media italiana, dati Istat). Progressi spesso meno visibili che però possono fare la differenza, anche in quei frangenti che faticano ad evolvere. Progressi che segnano come ancora una volta, la Sicilia del vino detta agenda: questa volta ad un’Italia tendenzialmente maschile e anziana nei posti di potere.
(ns)
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